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Scompare l’ultima discendente dei Florio:Costanza Afan de Rivera Florio

Si è spenta oggi nella sua casa di Famiglia di Roccalvecce in provincia di Viterbo , Costanza Afan de Rivera Florio, Romana settanta anni , figlia di Giulia Florio e del Marchese Achille Belloso Afan de Rivera Costaguti , nipote di Ignazio e Franca Florio , i suoi nonni materni.

Combatteva da tempo contro un male che non è riuscita a sconfiggere.Aveva fondato l’Associazione Culturale “la Sicilia dei Florio”,della quale ricopriva la carica di Presidente.

Era molto legata alla Targa la corsa più antica del mondo dedicata al suo illustre Zio , Ignazio Florio.Aveva partecipato a tante gare rievocative della mitica Targa e ad altre gare prestigiose Italiane.

Viveva ormai a Palermo da circa dieci anni e aveva ricevuto la cittadinanza onoraria dal Sindaco Leoluca Orlando.A conferma del suo grande amore per la città di Palermo aveva espresso il desiderio di essere sepolta nella tomba di famiglia dei Florio a Santa Maria di Gesù.Di recente aveva pubblicato un bel libro :”L’ultima Leonessa” dedicato alla madre Giulia attraverso il quale ripercorre la storia della sua famiglia. Io personalmente ho avuto l’onore di conoscerla e intervistarla  il 29 marzo del 2010 presso la sede dell’associazione Culturale ” La Sicilia dei Florio” insieme all’amico Piero Juvara  con la regia di Davide Catalano  che gentilmente ci accompagnava, fu un giorno da segnare sul calendario sia per il personaggio intervistato, per la storia ,  per la caratura umanitaria.Porgiamo a nome della redazione le nostre più sentite condoglianze alla famiglia tutta. R.B.

 

 

Allegato  articolo Repubblica  sulla morte di Giulia Florio di Umberto Rosso  mamma di Costanza descritta  mirabilmente nel volume scritto da Costanza ed uscito questa estate Luglio 2020: L’ultima leonessa .

 

E’ MORTA GIULIA FLORIO ULTIMA DISCENDENTE D’ UNA GRANDE DINASTIA

PALERMO Con la sua morte si spegne una famiglia e si chiude definitivamente un’ epopea. Addio ai Florio, la grande dinastia di imprenditori gentiluomini il cui nome è legato ai fasti della Palermo liberty e felicissima. Ma uomini che riuscirono anche, caso unico nella storia della Sicilia, a scalare i vertici del potere economico in Europa. L’ unica di D’ Annunzio A Roma è morta ieri l’ ultima erede, l’ anello finale della saga: Giulia Florio, figlia di don Ignazio e della mitica donna Franca (l’ unica, scriveva D’ Annunzio, che se ne era perdurtamente invaghito), ha chiuso gli occhi a ottant’ anni. Si è spenta nella sua splendida residenza di palazzo Costaguti, dove viveva da quando aveva sposato il marchese Achille Belloso Afan de Rivera, nobile discendente della aristocrazia papalina. Cinquant’ anni di matrimonio, con cinque figli, vissuti custodendo le memorie di quell’ irripetibile periodo quando, a cavallo fra la metà dell’ Ottocento e i primi decenni del Novecento, i Florio costruirono un impero (400 milioni di lire di allora) partendo dal commercio di essenze e spezie tropicali. La marchesa Giulia era ammalata da tempo. Semiparalizzata, costretta su una sedia a rotelle, ma ancora con un ricordo vivissimo delle vicende familiari: si sono sempre rivolti a lei, per consigli e suggerimenti, scrittori ed editori che hanno rivisitato la storia della dinastia. Da molto tempo invece non era più riuscita a tornare nell’ adorata Palermo, a rivedere i tanti luoghi simbolo degli antichi splendori: ciò che restava delle ville, della fonderia, delle tonnare. Così come donna Giulia non metteva più piede nel grande castello nella campagna laziale, in questo caso eredità di famiglia del marito marchese. Eppure l’ ultima discendente dei Florio è stata soltanto sfiorata dalle ricchezze e dal mito della sua casata. Quando lei nasce, nel 1909 (ultima di cinque fratelli, quasi tutti morti in tenera età, senza quell’ erede maschio che tanto aveva desiderato don Ignazio) la fortuna ha voltato le spalle alla famiglia. L’ impero scricchiola, inizia un vertiginoso crollo che nel giro di pochi anni trascinerà i Florio al fallimento. Un patrimonio enorme dissolto, più per la controffensiva degli avversari politici e dei grandi gruppi del Nord che per il lusso sfrenato e le follie del gioco, delle feste con re e principi da tutta Europa, delle leggende che parlano di sigarette accese con biglietti da mille. Non ereditò neanche i gioielli Neppure i favolosi gioielli della madre eredita Giulia, nelle cui mani in pratica non finisce una lira delle grandi fortune accumulate. La collana con 365 perle, lunga dalla testa ai piedi, e smeraldi e rubini che facevano di donna Franca la regina, finiscono all’ asta per pagare i debiti, insieme ad altri beni della famiglia. E la leggenda tramanda che nelle tasche di Vincenzo Florio, lo zio di Giulia, l’ uomo che agli inizi del Novecento inventò con la Targa Florio la corsa di auto, non restarono che 200 mila lire. La stessa cifra che il fondatore della dinastia, Paolo, portò con sé dalla Calabria in Sicilia quando iniziò l’ avventura: diventò ricco grazie ad una sostanza che estraeva dall’ albero di china, per curare la malaria. Ma il grande sogno non si è ripetuto, i Florio non si risolleveranno più dal crollo. Giulia si trasferisce a Roma proprio dopo il crack finanziario, nel ‘ 24. Conosce le lingue straniere, grazie agli studi nelle scuole più esclusive, trova un posto come interprete presso il ministero della Cultura popolare. Poi, si occupa dell’ ufficio stampa estera. Sposa il marchese Afan de Rivera, mentre a Palermo comincia il saccheggio della città liberty, dei gioielli di architettura fatti costruire anche dalla sua famiglia: ruspe e bulldozer distruggono per far posto alla speculazione dei palazzinari. Ben poco si salva: Villa Igea (che porta il nome di una delle sue sorelle), la torre dell’ Arenella, un’ antica tonnara, dove oggi vivono dei nipoti dei Florio. Ultimi resti di una grande famiglia di imprenditori illuminati, che avevano sempre reinvestito in Sicilia e non esportato altrove i capitali della loro attività. I vascelli della loro compagnia di navigazione, che effettueranno anche i primi collegamenti con la Cina e l’ America, avevano a bordo l’ arredamento disegnato dal Basile e le stoffe e i dipinti di Ettore De Maria Bergler. Dalla Serao a Gobetti Sul giornale che fondarono, L’ Ora, chiamarono a raccolta tutte le più prestigiose firme dell’ epoca, dalla Serao a Capuana, da Verga a Gobetti. E ancora le miniere di zolfo e le tonnare, le ceramiche e la produzione di vini e di marsala, i primi impianti metallurgici. Una grande avventura industriale, una sfida lanciata e vinta dalla periferia, dal profondo sud. E’ durata solo un secolo.

di UMBERTO ROSSO

 

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